Il presidente di seggio, tratto da una storia vera

urlo

Esistono delle figure che scandiscono alcuni momenti fondamentali della nostra vita: le incontriamo per poco tempo e senza chiederci nulla di loro, scompaiono per sempre dalla nostra mente. Fra questi soggetti possiamo citare l’ostetrica che ci ha fatto nascere, il “membro esterno” della commissione al diploma, l’operatore del call center che ci ha aggiustato l’adsl e tanti altri ancora. Esiste però una figura collegata a una delle conquiste più importanti della nostra vita: quella del diritto di voto. Una figura sconosciuta e labile che vediamo soltanto quando veniamo chiamati alle urne. Parleremo quindi oggi del Presidente di seggio, ovvero quel martire dello Stato che dirige le operazioni di voto e di scrutinio al seggio elettorale durante i referendum e le elezioni insieme a quei poveri disgraziati di scrutatori e segretari.

Oggi proveremo a conoscere un po’ meglio questa specie in via di estinzione, nella speranza che Alberto Angela voglia dedicargli una puntata o che Papa Francesco cominci il processo di beatificazione della categoria. Per semplicità di narrazione, faremo riferimento alle ultime elezioni politiche, così da farvi capire cosa succedeva mentre voi vi scannavate su chi votare o sui possibili “scenari di governo”.

Quello del presidente di seggio è un lavoro massacrante, sottopagato, super criticato, pieno di responsabilità: in una parola, chi cazzo ce lo fa fare non si sa proprio. Tutto inizia il sabato pomeriggio: devi presentarti prima delle 16 al seggio che ti è stato assegnato. Lì, se tutto va bene, trovi quattro scrutatori che, se è la prima volta che fanno questo lavoro, non hanno la minima idea di quello che li attende. Può capitare però che qualcuno di quei quattro disgraziati non arrivi. Allora si prendono le persone che trovi lì fuori, osservando come unico criterio di scelta “prima il più anziano e poi il più giovane”. Come se per assumere personale in banca si scegliessero tra le persone davanti un bancomat “prima quello che in tasca ha più di 5 euro e poi quello che ha meno di 1 euro”. Purtroppo quello dello scrutatore non è un lavoro facile: devi essere concentrato, saper contare e scrivere velocemente, saper gestire stress e stanchezza. Ti può capitare così di avere il ragazzino di 19 anni che arriva in ritardo e chiede ossessivamente “quando ce ne andiamo?” oppure l’anziana di 68 anni che generalmente dopo aver visto la ghigliottina dell’Eredità si va a coricare e che, giunta allo scrutinio, è praticamente sul letto di morte.

Creata quindi la squadra, si costituisce il seggio. Questo significa una sola cosa: preparare le schede per l’indomani. Si prende così lo scatolone con le schede “non autenticate” arrivate dal Comune, si contano e si “vidimano” quelle per il numero totale degli elettori della sezione. Ad esempio, ti inviano 900 schede, hai 800 potenziali elettori, ne devi timbrare e firmare 800. Si parla sempre di “semplificazione”: benissimo, per semplificare le cose, da questa volta si deve aggiungere, a ogni scheda, il famigerato tagliando antifrode, così da un rullo di adesivi, stacchi e attacchi il tagliandino in ogni scheda come se stessi imbustando le arance alla Coop. Gli scrutatori quindi contano, timbrano, firmano e “attaccano” 800 schede, con un piacevolissimo rumore di timbro che sbatte sul tavolo per ore neanche stessimo costruendo una flotta di navi vichinghe. Si voterà per Camera e Senato? Allora fai il conto di chi non può votare al Senato perché sotto i 25 anni e quindi conti, timbri, attacchi e firmi due volte: quindi, per esempio 900 e 850 schede. Si voterà anche per la Regione? Altre 900 schede. E fra la puzza di petrolio delle schede, l’inchiostro indelebile e il rumore del timbro, si fanno le 8 di sera. Ma mentre passi la serata nell’angoscia di quello che ti aspetta il giorno dopo, con la consapevolezza che dovrai alzarti all’alba e stare circa 20 ore chiuso nella stessa stanza, compare lo spettro delle “schede sbagliate”. Si, perché in quello che già poteva sembrare un gioco da ragazzi, ci si mette pure la Prefettura che, in alcuni seggi, ha inviato le schede coi candidati di un’altra parte. E così, per questi poveri disgraziati, si riapre un altro calvario di stress e terrore che prevede il riconteggio, il ritimbraggio, il riattaccamento e il rifirmamento delle nuove schede da capo prima di iniziare le operazioni di voto. Consideriamo però che questa volta ci è andata bene e andiamo avanti.

Dopo aver sognato navi vichinghe o attacchi di orde di zombie, ti catapulti così dal letto alla macchina e, mentre guidi su strade deserte con i reduci della serata del sabato notte, ti presenti così, dopo poche ore di sonno, alle 6:30 puntuale al seggio. E devi ringraziare tutti i santi e gli dei egizi che al tuo seggio non hanno inviato le schede sbagliate altrimenti dovevi arrivare ancora prima. Il tempo di sistemarti e alle 7:01 arriva il solito anziano che vuole votare. Non si capisce quale premio pensa di ricevere, oppure se pensa di dover entrare al concerto dei Rolling Stones, ma fatto sta che lui alle 7:02 già ha un altro impegno (di domenica) e quindi deve votare subito. Questa volta però abbiamo il tagliandino antifrode! E quindi prima di dare la scheda al votante, devi segnarti i numerini del tagliando, fare votare la scheda, ricontrollare i numeri, staccare il tagliando e imbucare la scheda. Dovrai quindi impedire a tutti i costi alle persone di imbucare la scheda con il tagliando. Nulla potranno tavoli, sedie, barriere umane: l’elettore sarà attratto magneticamente dall’urna e vorrà imbucare la scheda. E quando poi inizieranno a fidarsi che dovrà imbucarla il presidente, ci si renderà ormai conto che non ci si può distrarre un secondo. Il presidente resterà così tutto il tempo in piedi a prendere le schede, dettare numeri agli scrutatori, staccare tagliandi e imbucare schede. Dopo 4 ore avrai i polpacci di una commessa al primo giorno di saldi; giunti al pomeriggio ti sentirai un maratoneta; arrivati alla chiusura del seggio avrai lasciato un solco nel pavimento tanto profondo da poterci piantare i pomodori. La giornata passa così senza potersi allontanare per più di 30 secondi per i bisogni fisiologici, sognando un catetere, mangiando al seggio e instaurando un rapporto di amicizia fraterna con le urne. Dalle 7 di mattina fino alle 22 ti ritrovi all’interno di un film di zombie con ondate di persone che arrivano e non ti lasciano un minuto di pace. Cominci a sperare nelle calamità naturali, nella pioggia, nel traffico, nelle piaghe d’Egitto, ma nulla. La gente continuerà ad arrivare e mentre per te quelle ore di immobilità inizieranno a diventare normalità, per le persone, quei 10 minuti di attesa diventeranno infernali. Potrai avere gli scrutatori più concentrati e veloci del mondo, ma nulla possono contro il tagliandino infernale che ha rallentato tutto. A contribuire alle attese ci saranno poi gli elettori che passeranno minuti interi nelle cabine intenti a creare solchi con le matite sulla loro X “Perché altrimenti ci scancellano il voto!!”, oppure a rompere le punte, oppure semplicemente in contemplazione per 30 secondi per poi uscire con la scheda aperta dicendo “Presidè, ma mi può spiegare come si vota?”. Diventando impossibili le pause, ti ritrovi così a cenare nel seggio, con la gente che ti assilla e, nella follia, il rischio di imbucare nell’urna un trancio di pizza. Giungeranno poi gli impiegati del Comune a farti fretta perché alle 23 puntuali dovranno venire a ritirare le prime buste, ma tu sai che quelle maledette buste non le potrai mai chiudere perché sempre alle 22:55 arriverà l’ultimo elettore, che, come se fossero le 8 di mattina, voterà con tutta la calma del mondo. Ma arrivate le fatidiche ore 23, chiudi gli elenchi degli elettori nelle buste e le schede non votate e sai che è il momento di andare in scena. Come un branco di leoni davanti una gazzella ferita, arrivano intanto lentamente i rappresentanti di lista. Sanno che potrebbero romperti i coglioni per ogni cosa, ma ti vedono stanco e distrutto, puzzi di petrolio, accenni lo svenimento ogni due passi, hai dato ormai un nome alle urne. Iniziano a provare pietà per te. I loro figli direbbero “Papà possiamo portarlo a casa con noi?”. Decidono così di limitarsi e, nella maggioranza dei casi, danno pure una mano. Si procede così allo scrutinio analizzando le singole schede. Dopo una prima fase filosofica sull’interpretazione dei voti, si viaggia spediti, soffermandosi poi sulle perle d’autore scritte dagli elettori sulle schede. Abbiamo così disegni di peni giganti, scarabocchi, e X ovunque, oppure citazioni colte come: siete tutti indegni, non sapete governare tutti, o l’immancabile SUCA. A quel punto ti chiedi cosa cazzo possa spingere una persona sana di mente a uscire da casa per poi andare a scrivere SUCA o lasciare la scheda in bianco. Anche perché, ma se fai scheda bianca, che cosa hai fatto tutto il tempo nella cabina elettorale? Hai riflettuto se lasciarla bianca o scriverci SUCA? Solo in questo momento di riflessione, arriveranno, dopo circa un’ora dalla chiusura delle prime buste, gli impiegati del Comune, che, come se dovessero fare una rapina, irromperanno nella stanza e ti porteranno via i plichi senza capire che sta succedendo. Si completa così lo spoglio e mentre alcuni scrutatori si addormentano, altri scrivono testamento, altri iniziano ad avere le visioni, altri ancora cominciano a fumare, si procede all’imbustamento di schede e verbali. Le buste hanno nomi fantasiosi e alla base della loro ideazione vi è sicuramente una mente contorta amante delle matrioske. La busta 2 A, andrà nella busta 2 insieme alle buste 2 C/ter e 2D bis, e così via. Finito questo imbustamento, si passa allo scrutinio della Camera. Svegli gli scrutatori, vai a riprendere quello con le visioni finito in mezzo alla strada, spegni la canna dell’altro e li rimetti al lavoro. Terminato quest’altro scrutinio, procedi con l’imbustamento finale. Dopo che hai finito tutto, rimarrà sempre un verbale che non si capisce dove cazzo infilarlo e solo in quel momento comparirà dal nulla una busta che, da sola, è andata a finire sotto un tavolo. Dopo ore di scrutinio, conteggi, quadratura di conti e imbustamento, nella follia della notte, dopo circa 20 ore sempre nella stessa stanza e dopo esserti scambiato il numero di telefono con le urne, prendi le buste e i sacconi e ti dirigi al magazzino comunale. Qui giungi in una specie di fabbrica dei giocattoli dove tanti babbi natale portano i sacconi con le buste, ma invece degli elfi e dei nani trovi gli impiegati comunali che mugugnano suoni incomprensibili e gridano “Avaanti!! Procediamoo”, si prendono le tue buste finemente chiuse e siglate, le lanciano sopra le altre e ti lasciano un foglio di carta come ricevuta. Questo foglio scarabocchiato, sancisce la fine di questa Telethon elettorale lunga un giorno e mezzo, popolata di orde di zombie e scrutatori in esaurimento nervoso e mentre ti dirigi verso casa, non pensi a chi ha vinto le elezioni, a chi darà l’incarico Mattarella o a quanto è stato bello fare un servizio per la patria. L’unica cosa che pensi è: alle prossime elezioni, mi cancello da presidente, scendo da casa alle 22.45 e vado a votare scrivendo un bel SUCA gigante.

Un pensiero su &Idquo;Il presidente di seggio, tratto da una storia vera

  1. e dei scrutini delle preferenze per le regionali ,ero presidente in un seggio a Roma, ne vogliamo parlare?……….nomi sbagliati o inesistenti o peggio di un altro partito. Scrivere sui verbali 32 nomi x 19 Liste…….che se gli va bene, solo una decina di questi 608 candidati, prenderanno 6/7 voti.E poi i segretari…….altro che il piccolo scrivano fiorentino………e allora gli dai una mano e allora questi verbali che sembrano la Bibbia scritta a quattro mani, mani che spesso nn vanno all’unisono, allora timbro e correzioni. A proposito dei tagliandini antifrode, se un elettore mi avesse riconsegnato una scheda taroccata, lo avrei baciato e nn gli avrei detto nulla, xché avrebbe dato un senso a questa FOLLIA!

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